“La crittoanalisi è un atto di suprema arroganza stemperata da un'estrema umiltà: la convinzione che i segreti più gelosamente custoditi dal nemico possano essere violati con il solo potere della mente e la convinzione che conoscere quei segreti sia d'importanza fondamentale”.
Termina così l'interessante volume “La guerra dei codici - Spie e linguaggi nella seconda guerra mondiale”, edito da Garzanti e scritto da Stephen Budiansky, matematico, giornalista e studioso di documenti segreti militari per conto del Congresso degli Stati Uniti.
L'opera rappresenta una novità editoriale per gli appassionati di storia della crittografia e fornisce una particolareggiata ricostruzione delle attività dei servizi di spionaggio e controspionaggio nel corso della seconda guerra mondiale. Consente, inoltre, anche al lettore privo di specifiche conoscenze matematiche, di apprendere uno degli aspetti più enigmatici e appassionanti del conflitto bellico.
Basato su documenti segreti resi recentemente pubblici dalla Marina britannica, il volume è arricchito da numerose rivelazioni, da storie raccontate direttamente dai protagonisti e da un importante corredo di fotografie, rappresentazioni grafiche, diagrammi. Una serie di appendici forniscono spesso un valido aiuto alla comprensione delle difficoltose sequenze logiche usate sia per rendere comprensibili i messaggi del nemico sia per cifrare quelli destinati alle forze alleate.
La guerra dei codici è una guerra di “sottili intelligenze”, che imponeva al personale impiegato l'obbligo di dieci giorni di congedo ogni tre mesi per “staccare” dallo stress mentale del lavoro. Nell'interessante capitolo “La guerra ombra”, Budiansky descrive una guerra di tipo completamente nuovo, condotta in modo scientifico, combattuta nelle retrovie, in angusti scantinati, che comunque produsse effetti certamente non meno importanti di quelli ottenuti sul fronte di battaglia: il più piccolo errore del nemico era sufficiente a scardinare le porte “dei più perfetti edifici crittografici.”
Ma è certamente la scoperta del mistero di “Enigma”, la complessa macchina creata dai tedeschi per criptare le proprie comunicazioni tramite un macchinoso codice segreto, con i molteplici e tormentati tentativi di forzatura da parte degli Alleati, la parte centrale e più avvincente dell'opera. Una macchina talmente complessa e sicura che alcuni veterani tedeschi continuavano a sostenerne l'inviolabilità anche dopo molti anni dalla fine del conflitto. Capace di generare migliaia di combinazioni, Enigma ha rappresentato sicuramente la massima sfida per gli analisti inglesi, ininterrottamente impegnati in un enorme sforzo interpretativo alla ricerca del codice esatto che avrebbe permesso loro di comprendere le comunicazioni tedesche e consentire le adeguate contromisure militari.
Altrettanto coinvolgenti sono le pagine dedicate all'intercettazione dei messaggi codificati dai giapponesi.
Anche in questa occasione, determinanti per la vittoria degli Americani nella Battaglia delle Midway si rivelarono l'impegno, l'intuito e la dedizione di uomini come il comandante Joseph. J. Rochefort e il suo gruppo. Qualcuno ricorderà la pluripremiata pellicola "A beautiful mind", campione d'incassi nelle sale lo scorso anno, rileggendo quanto egli stesso diceva “per essere un crittoanalista non è necessario essere pazzi. Ma aiuta.”
Proprio Rochefort, in seguito all'attacco a Pearl Harbor, ebbe modo di dire che: “un ufficiale dei servizi segreti ha il compito di riferire oggi al suo comandante, al suo superiore, quello che i nipponici faranno domani”.
Conoscere i pensieri dell'avversario per precederne le mosse costituisce l'essenza dell'intelligence. Come il libro di Budiansky ha il merito di evidenziare proprio la crittografia costituisce un passaggio essenziale, soprattutto nello scenario bellico, di questo processo.
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